Quando gli incidenti sul lavoro coinvolgono lavoratori ultrasessantenni impegnati in attività in quota o comunque nelle quali il movimento e l’agilità rappresentano una componente importante, con presenza di rischi incrementali per la gravità di una caduta accidentale (come in questo caso recente), bisogna domandarsi se davvero c’è coscienza del fattore di rischio in relazione all’età e se effettivamente vi è stata una valutazione del rischio ed un attento controllo in opera.
Ma forse bisognerebbe anche chiedersi quali necessità e difficoltà economiche spingono persone anche più che settantenni a salire su scale traballanti e ponteggi pericolanti.
Forse la sicurezza la si riuscirebbe a fare a monte, si potesse garantire socialmente un welfare tale da consentire ai nonni di guardare i nipotini, invece che stare magari sul tetto di un capannone, senza imbracature, e cadere da un lucernario per un malore dovuto all’età, o trovarsi ribaltato sotto un trattore per una errata visione del percorso in pendenza.
Forse.
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