In una mini-serie di tre articoli si propongono alcune riflessioni sul tema dello smart working, divenuto materia di quotidiana discussione dall’inizio del lockdown e tema ormai centrale continuamente richiamato nella normativa di riferimento per il contenimento della pandemia da COVID-19. Nessuna velleità di pontificare verità indiscusse, ma il desiderio di proporre pensieri e riflessioni sui cambiamenti indotti dalla massiccia introduzione dello smart working, sulle conseguenze che questo sta avendo sulle nostre vite, sulle ipotesi dei cambiamenti futuri innescati dal diverso approccio alle attività lavorative, sui modi con i quali le nostre professioni possono fornire ausilio e supporto in materia.
Uffici ed abitazioni – Le trasformazioni dei luoghi e dei mercati immobiliari
Interi complessi multipiano adibiti ad uffici e contenenti centinaia di persone che quotidianamente si trasferivano dalla propria abitazione al luogo di lavoro, svuotati del tutto o abitati comunque da pochi impiegati con ristrettezze anche notevoli nei servizi interni (mensa, ristoro, pulizia, riscaldamento, bagni).
Piccole realtà terziarie o artigianali nelle quali la funzione amministrativa non viene più – perlomeno completamente – svolta in sede ma smembrata tra le abitazioni degli impiegati/titolari e l’ufficio operativo dell’azienda.
Team lavorativi di medie-grandi aziende ridefiniti per lavorare parte in sede e parte da casa, con meeting calls quasi quotidiane ed incontri in persona solo per situazioni complesse richiedenti l’analisi dei lavori con il materiale condiviso sul tavolo e non solo via monitor.
Impiegati, amministrativi, contabili, burocrati connessi ad un videoterminale attraverso un pc o un portatile con connessioni più o meno veloci che ogni giorno svolgono il proprio lavoro dal salotto piuttosto che dalla cucina di casa.
Un insieme di scenari divenuti ordinari da marzo 2020, da quando il termine lockdown prima sconosciuto è divenuto il tristemente noto cancello lessicale oltre che fisico capace di chiudersi sulle nostre esistenze stravolgendone il corso ordinario. Ma che cosa ha voluto dire trasferire il lavoro d’ufficio dalle sedi ordinarie delle aziende alle abitazioni dei singoli dipendenti delle aziende stesse?
La trasformazione più evidente e d’impatto è la quasi certa riduzione degli spazi terziari utilizzati dalle aziende, con progressivo confinamento degli ambienti inutilizzati fino all’abbandono delle strutture nei casi più eclatanti, puntando sulla riduzione dimensionale delle sedi o sulla loro polverizzazione in tante micro-sedi quanti sono gli operatori lavoranti in smart working.
In termini di mercato immobiliare, ciò significa edifici di dimensioni medie e medio-elevate che possono essere posti sul mercato per la locazione o la compravendita, oppure ridefiniti in termini edilizi ed architettonici (là dove gli strumenti urbanistici lo consentono) per modificarne la destinazione d’uso e renderli appetibili a specifici mercati immobiliari locali (studentati, convitti, attività ricettive e ristorative, alloggi di civile abitazione ecc.).
La necessità di trasferire gli ambienti adibiti a terziario in spazi dimensionalmente più contenuti innesca poi un possibile effetto domino sul mercato degli immobili con destinazione ad uso ufficio o assimilabile, arrivando fino alle situazioni “limite” per le quali la dirigenza può preferire l’assenza tout court dell’ufficio aziendale operando con lo smart working per le attività ordinarie ed affittando spazi a noleggio o in co-working per eventuali incontri, meetings, riunioni in persona che dovessero rendersi necessari. Posto che tali incontri fisici si svilupperanno nel breve e medio periodo certamente in numero sostanzialmente ridotto rispetto al periodo prepandemico.
Contestualmente, i singoli operatori che si trovano a dover lavorare da casa sono stati costretti a ridefinire gli spazi interni delle proprie abitazioni per poter attrezzare una postazione di lavoro confortevole ed in grado di garantire standards minimi di privacy, separazione, concentrazione, attenzione. Situazioni non sempre facili da realizzare in abitazioni nate per la vita vissuta del quotidiano e non per il lavoro, sia che si parli di case per single sia che si discuta di case per famiglie.
Ecco quindi innescarsi tutta una serie di necessità di strutturazione di ambienti e locali, di modificazione degli arredi, di differenziazione degli ambiti tanto più difficili quanto meno gli spazi sono ampi e ben distribuiti e quanto più la realtà famigliare comporti vincoli e limitazioni cui far fronte (basti pensare alla presenza di figli in tenera età o comunque minorenni, oppure alle coppie in crisi che vivono separazioni di fatto nella stessa abitazione non potendosi permettere altre alternative).
In termini di mercato immobiliare e di attività professionale ad esso correlata, ciò si traduce nella ricerca di abitazioni con una stanza in più (in particolare quadrilocali in luogo di trilocali, alloggi più grandi oppure case autonome al posto di quadrilocali) piuttosto che nella variazione dell’impianto planimetrico della propria abitazione – dove gli spazi e le normative lo consentono – per ricavare l’ambita “stanza in più” per poter lavorare in santa pace lontani da elettrodomestici che frullano, girano, strizzano, vibrano; o da figli variamente rumorosi; o da vicini di casa particolarmente fastidiosi. Oppure si sostanziano in frazionamenti di alloggi dimensionalmente capienti, anche nei casi in cui le situazioni famigliari sono già al limite del collasso e richiedono una separazione vera e non fittizia dei luoghi vissuti.
Dinamiche di mercato, quelle indicate, che possono essere molto influenzate dallo stabile perdurare della visione dello smart working e dal suo percolato nelle contrattazioni di settore, dalle disponibilità di immobili adeguati sui mercati locali, dalle disponibilità economiche delle famiglie e/o dei single interessati, dalla capacità del sistema bancario di recepire in termini rapidi ed efficaci le necessità di finanziamento ed erogazione di mutui nelle fasi di cambio degli immobili (se qualcuno compra, generalmente è perché qualcuno vende andando a vivere in un altro immobile…).
Quali possono essere gli scenari futuri al riguardo? Leggendo anche gli altri articoli della mini-serie che qui proponiamo, si dovrebbe pervenire alla visione che lo smart working sarà certamente una modalità operativa massicciamente presente nella realtà lavorativa delle varie aziende, ma varie indicazioni fanno pensare che in parte si tornerà indietro, riconsiderando il lavoro in presenza ed integrandolo con quello a distanza. Se anche non ci saranno più mega-complessi indirizzati al terziario puro, saranno comunque presenti realtà fisiche di non ridotto volume attentamente dimensionate che consentiranno di lavorare in presenza come e quando necessario ma riducendo le dimensioni degli spazi necessari ed ottimizzandone i costi (meno uffici significa meno riscaldamento o condizionamento, meno tasse, meno servizi food come mensa e catering, meno personale per la pulizia, la sorveglianza, la manutenzione…).
Chiaramente, le dinamiche di mercato saranno pesantemente influenzate dalle realtà territoriali e dalle caratteristiche delle attività presenti oltre che dalla loro collocazione negli scenari economici locali piuttosto che nazionali o internazionali. Le grandi città saranno interessate da numerosi interventi localizzati e da un volume superiore di compravendite, mentre i piccoli centri vivranno una maggiore inerzia al cambiamento. Numerosi appartamenti attualmente censiti ad uso ufficio verranno probabilmente immessi sul mercato con la contestuale variazione d’uso a civile abitazione, mentre edifici più strutturati e dimensionalmente più ampi saranno interessati da modifiche più o meno intense e da possibili variazioni di destinazione d’uso, ove occorre precedute da varianti parziali agli strumenti urbanistici locali.
Gli arredamenti verranno modificati per consentire l’introduzione di mobilio adatto alla definizione di postazioni di lavoro che potranno considerare non solo la scrivania e la sedia con criteri ergonomici, ma anche gli spazi d’ambito, l’impiantistica, l’illuminazione. Si rivolgerà maggiore attenzione alla scelta di immobili che siano adeguatamente serviti da servizi fonia e dati affidabili e veloci, verranno privilegiate le realtà costruite nelle quali gli accessi e la distribuzione degli ambienti interni consentano una più razionale e serena compresenza di spazi lavorativi ed ambiti di vita famigliare.
28 dicembre 2020, Paolo Mercuri, architetto
Le professionalità presenti in Resolvo potranno essere di ausilio direttamente o tramite la propria rete di collaboratori esterni al network sia in termini di consulenza tecnico-architettonica che di assistenza alla fase di compravendita, con particolare riguardo alla scelta di nuovi ambienti in cui trasferire i propri uffici o la propria abitazione ed alla relativa adeguatezza e conformità, anche consigliando agenzie immobiliari di fiducia e di comprovata esperienza per la ricerca dell’immobile, e fornendo assistenza fino all’atto. Parimenti, si potrà fornire assistenza in sede di eventuale contratto di locazione, di contenzioso legale con vicinato o condominiale, di rapporto con il condominio, di verifica delle preventivazioni o dei giustificativi contabili.
– Fine parte 1 –